Il rapporto tra la Parola e il Canto - In Principio Era la Parola

02/03/2016
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Il rapporto tra la Parola e il Canto

In Principio Era la Parola

Nella liturgia di  tutte le Chiese, Ortodosse, Cattolica, Protestanti,  la Parola di Dio viene prima del canto, sia in ordine di tempo che d'importanza. L'angoscioso dilemma su chi sia prima, l'uovo o la gallina, non si pone proprio. "Per la Parola di Dio furono fatti i cieli e la terra": la liturgia di tutte le Chiese ha sempre celebrato questa verità. "Lodo la Parola di Dio, lodo la Parola del Signore" (Salmo 56/55, 11).

E' interessante, tuttavia, osservare a volo di uccello, il rapporto tra Parola e canto nella liturgia delle singole Chiese.

Nelle Chiese Orientali il canto è rimasto molto aderente alla Parola: ciò che viene cantato è preso dalla S. Scrittura, o dalle pagine più profonde e liriche dei Padri della Chiesa; non solo, ma il ritmo del canto segue il ritmo della parola, come una veste aderisce alla forma del corpo. La Parola non è stata costretta a una misura costante e fissa, ma ha conservato la propria fluidità e irregolarità in un ritmo, che è  detto libero e oratorio, appunto. 
E' questa la caratteristica anche del Canto Gregoriano, che però, una volta giunto alla corte di Carlo Magno o dei Papi, impiegato nelle lunghe veglie dei monaci, si è beatificato in giubili e melismi, arrivando a mettere una coda di 45 note all'alleluia del giorno di Pasqua, o di 70 note all'alleluia usato poi nella festa dell'Immacolata; quando tutta la melodia di "Noi canteremo gloria a te" si accontenta di 32 note.

I Protestanti, che pure hanno fatto della Parola un cavallo di battaglia, hanno racchiuso la Parola in un determinato numero di sillabe, messe al comando di un ritmo fisso e costante. E' sorto il Corale protestante: un bel modo per affidare il canto a tutta un'assemblea, mentre i Pastori si riservavano la Parola. Tra gli Ortodossi, invece, il canto è finito quasi esclusivamente in bocca al clero o a un ristretto gruppo di cantori; tra i Cattolici sono stati i monaci, o le scholae cantorum, o le cappelle di professionisti ad appropriarsi del canto. Tra i Protestanti, da Martin Lutero alla morte di J. S. Bach (1750), il Corale, in mirabile dialogo tra assemblea e organo, ha vissuto il suo grande periodo creativo.

Mentre la Chiesa Cattolica, terminata la fase creativa del Canto Gregoriano, ha continuato ad esigere che il Clero lo usasse nella liturgia; e intanto il ruolo musicale andava agli addetti; così la musica, tra cori e solisti, cappelle e orchestre, ha spadroneggiato sempre più nella liturgia, pur giustamente orgogliosa di aver scritto uno dei capitoli più belli della sua Storia, con i nomi di Palestrina, Vittoria, Orlando di Lasso, Monteverdi, Bach (con la Messa in Si minore), Haydn, Mozart, Beethoven, Rossini e tutti gli operisti del '700 / '800. Tuttavia le autorità della Chiesa Cattolica non hanno smesso di raccomandare il Canto Gregoriano e di indicarlo come modello supremo di Canto Liturgico. Anzi, nell'ultimo concilio, il  Vaticano II, ha ridato il ruolo di primo cantore all'assemblea. Il risultato è stato amaramente deludente; spesso ha raggiunto il contrario del voluto. Il Clero ha cessato di cantare durante la liturgia: chi canta più una Colletta, un Vangelo, un Prefazio? E dire che Mozart era felice di andare a Messa proprio per ascoltare il canto del Prefazio. E l'assemblea non ha cominciato a cantare. Qualche volta canticchia i corali protestanti, dato che sono adatti a un'assemblea. Ma non li sente come propri: suonano bene, ma sono protestanti.

Ma non c'è da preoccuparsi. C'è sempre qualcuno che, armato di chitarra, Dio non voglia di tamburello, provvede a tutto. Ogni domenica le chiese risuonano di canti che di stagione in stagione si rinnovano, facendo il verso alle canzonette di moda. Niente da stupirsi. Nel '700 e '800 la musica sacra aveva il linguaggio della musica lirica e sinfonica dell'epoca, quando non scopiazzava le Arie di Mozart o di Rossini; e ora è a rimorchio della musica leggera più gettonata. Se mai la differenza è che in quei secoli il servizio in chiesa lo facevano i musicisti, e oggi lo fanno gli orecchianti.

E la Parola di Dio? "Se mi vuoi trovare, vienimi a cercare, Signore. Nei campi di granturco mi troverai", è il testo di un canto di Offertorio di alcuni anni fa. L'importante è che qualcuno canti qualcosa e la Messa non sembri un mortorio.

Le Chiese Orientali non sono scese a tanto. Certo, non possono vantare lo sviluppo occidentale della musica sacra. Fino al secolo VII esse, le Chiese Orientali, hanno avuto uno sviluppo brillante nelle Scuole di Teologia, nell'arte dei mosaici, nel canto sacro, che è arrivato fino a noi.  In seguito l'occupazione islamica ha fermato la vita di quelle Chiese, che, difendendo eroicamente il loro diritto ad esistere,  si sono dovute limitare a conservare gelosamente il loro repertorio musicale e a trasmetterlo fedelmente.

Non avranno sviluppato l'arte, ma hanno conservato la devozione. Tutt'oggi una  celebrazione eucaristica degli Orientali dà il senso della presenza di Dio; mentre una celebrazione degli Occidentali a volte fa pensare di essere in teatro, al night, in discoteca. E non mancano gli applausi, tributati agli sposi e ai sacerdoti novelli, ma anche ai morti nel giorno del loro funerale. In questo ambiente forse è difficile dire che "in principio era  la Parola di Dio".

Armando Pierucci

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